Falò di servi ? IO NON CI STO !

Posted on settembre 28, 2013

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L’editorialista del Corriere della Sera, Antonio Polito, sull’edizione on line del giornale di ieri, 27 settembre, evidenzia la figliolanza diretta e legittima della tuttora (incredibilmente!!!!!) in vigore legge elettorale, c.d. del porcellum, della gravissima prospettata/minacciata decisione del PDL delle dimissioni di massa dei parlamentari.

Porre nelle mani delle segreterie dei Partiti, e/o dei Padri Padroni degli stessi, la scelta di chi mettere in lista e in quale posizione, più o meno garantita/blindata, bloccando qualsiasi scelta da parte dell’elettore, che non sceglie la persona ma soltanto la lista con il suo ordine interno, vuol dire riempire il Parlamento di soggetti subordinati alla consapevolezza che non solo il loro futuro, ma anche il loro presente parlamentare, è condizionato da altri, e non certo dalla loro capacità di lettura dei bisogni del Paese e di vicinanza agli elettori (che

tanto non contano nulla!!!!).

Un sistema che – diciamola tutta – è comodo a destra quanto a sinistra, e basta pensare all’ultima campagna elettorale per scorgere un quasi total

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e disinteresse  dei candidati ad essere collettori di voto. Anche a sinistra l’interesse è stato un po’ più alto per le primarie (“strategicamente” svolte il 27 di dicembre per pochi affezionati!), poi è del tut

to scemato da coloro che sono stati promossi a candidato una volta ottenuta la posizione giusta.

E sull’argomento anche il neonato Movimento 5 Stelle mostra tutta la sua scarsa innovazione e al contrario legame al sistema partitocratico che tanto avversa in apparenza. Non solo lo svolgimento di primarie on line chiuse e blindate, e le successive espulsione delle voci leggermente fuori coro rispetto al Pensiero Unico del Grillo, ma soprattutto la richiesta a

p

parentemente populista, fin dal programma, dell’introduzione del vincolo di mandato. Uno Scilipoti non può fare primavera !!

Chissà, se in questo panorama davvero desolante, che, con gravità inaudita, non esita a mettere in scacco i principi fondamentali costituzionali del nostro ordinamento statuale, qualcuno si sveglierà dal coma profondo in cui si trova, e proprio richiamandosi e facendo leva all’assoluta garanzia costituzionale dell’assenza del vincolo di mandato, dirà con chiarezza:

“IO NO, NON CI STO !”

Diversamente ai noi semplici elettori non resterà davvero, come conclude Politi, che vedere e ricordare “chi vota per la rovina del Paese” !

Il falò della servitù

Pare che circolino dei moduli prestampati per consentire ai parlamentari del Pdl di presentare le loro dimissioni senza star lì a perder tempo. Ma poiché la Costituzione dice che il parlamentare è senza vincolo di mandato, e questa assomiglia molto a una servitù di mandato, si precisa che chi vuole può anche scriversela di suo pugno la lettera, con le motivazioni che preferisce, purché la firmi. A questo il Porcellum ha ridotto il Parlamento, e non solo a destra per la verità: a un bivacco di subordinati.

Ma del resto quasi tutto è senza precedenti in questa storia delle dimissioni di massa postdatate. Al punto che il presidente della Repubblica ha sentito il dovere di alzare la voce come non aveva mai fatto prima, condannandola con parole durissime, segnalandone la «gravità e assurdità». Napolitano l’ha interpretato come un atto che porta il gioco politico già estremo di queste settimane oltre il segno, oltre un punto di non ritorno. Le dimissioni dei ministri del Pdl avrebbero sì aperto una crisi di governo; ma le dimissioni dei parlamentari aprirebbero una crisi costituzionale, mettendo in conflitto tra di loro i poteri dello Stato. Esse minacciano, cioè, un atto al limite dell’eversione (la serrata del Parlamento) per protestare contro ciò che si definisce un «atto eversivo» (un voto del Parlamento sulla decadenza).

Berlusconi sembra dunque sperare che la decadenza dell’intero Parlamento possa rendere meno amara la inevitabile fine della sua vita parlamentare. Coinvolgendo le istituzioni nel proprio destino giudiziario, accetta però il teorema dei suoi nemici, che vorrebbero ridurre la sua storia politica ventennale a una vicenda di processi e di condanne. E toglie le castagne dal fuoco a chi nel Pd alimenta da mesi il falò dell’intransigenza, diventando lui il sicario di un governo in realtà mai digerito a sinistra.

Ma tant’è: da oggi si può davvero dire che l’esecutivo Letta è al capolinea. Non avrebbe senso assumere altri impegni di bilancio, per evitare l’aumento dell’Iva o il ritorno dell’Imu, quando non si sa chi potrà rispettarli. Il presidente del Consiglio deve dunque fare la cosa giusta e istituzionalmente corretta: andare alle Camere per verificare se ne ha ancora la fiducia. In questi mesi, anche per gli errori di un governo che ha sommato invece di selezionare le pretese dei partiti, Letta non è riuscito a domare il fronte di chi voleva le elezioni a febbraio e che ha sfruttato la vicenda giudiziaria di Berlusconi per averle. Ora non gli resta che l’ultima carta: rimettere al centro la ragione per cui è nato.

Il 15 di ottobre, infatti, non è solo la data in cui Berlusconi andrà agli arresti domiciliari o ai servizi sociali. È anche il termine per presentare la legge di Stabilità, e cioè il principale strumento di politica finanziaria dello Stato. Senza di quello, l’Italia può tornare nel gorgo dove stava affogando nel novembre del 2011. Due anni di lacrime e sangue vanificati in un istante. Vediamo chi vota per la rovina nazionale.

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Posted in: Polis, Risonanze