Caro Papà,

Posted on Maggio 23, 2020

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Caro Papà,

banale dire che non sembra possibile.

Ma è così!

Sono già passati 24 anni dal quel 24 maggio.

I numeri tu li amavi e li rispettavi, un po’ ho imparato da te a leggerli.

24 anni sono l’esatta distanza di 6 anni bisestili da quel bisestile.

Fuor di dubbio che anche questo 2020 sia bisestile, vista l’enormità che è capitata.

Anche, quell’anno, tutto emerse ai primi di marzo, ma la corsa si schiantò già alla fine di maggio.

Il punto di appoggio di tutti noi, senz’altro il mio, mancò senza preavvisare.

Mi sostenne chi oggi ha deciso di non esserci. Spero che ci ripensi.

Non è stato facile ritrovare in me un punto d’appoggio, irrobustirlo, farne il perno delle responsabilità che ho raccolto crescendo, forse, ormai, meglio dire invecchiando.

Raccolta abbondante, come abbondanti erano le responsabilità sulle tue spalle.

Accade che i figli capiscano tardi, è fisiologico, è così che vuole la staffetta della vita.

Quando ti capita in mano il testimone, lo valuti e ne percepisci il peso, e solo allora comprendi lo sforzo di chi lo ha portato prima di passarlo a te.

Doloroso non poter dire “Grazie!” con una parola, con un gesto, ma solo con il pensiero, qualche volta con la preghiera.

Siamo miopi con la vita, consideriamo poco l’altra metà della luna e del sole che non si vede. 

Lo sapevi bene tu, appassionato conoscitore del sole, delle stelle e dei pianeti e dei loro movimenti in cielo, e del riflesso sul tempo che scorre. Non per nulla tu sei nato in una data di importanza cosmica, come amavi dire tu: il solstizio d’estate.

Dirti “Grazie!” è stato ripubblicare il tuo piccolo manuale sulla meridiana di Parma, che è un tuo atto di amore benevolo verso il pensiero razionale che guarda al Cielo.

Solo e senza equilibrio la tua assenza mi ha fatto sentire.

Soli e senza equilibrio questo terribile 2020 ci ha costretti a sentirci.

In quell’anno era assordante il rumore della corsa per capire cosa ti stava portando via; assordante, quest’anno, il silenzio. 

Assoluto. Un silenzio capace di scavare se ascoltato, per sentire rumori e suoni rimasti nascosti dal rumore di fondo che distrae.

Non siamo abituati a stare nel silenzio, ad ascoltarlo, il silenzio.

All’improvviso si è creato un vuoto pneumatico attorno alle nostre case.

Sono nate connessioni diverse, distanti ma intensissime.

Anche in quei tre mesi sono nate connessioni intensissime.

La vita insegna che, nel suo drammatico opposto, la vista diventa molto acuta quando le lacrime non la offuscano, le orecchie molto sensibili se sanno ascoltare il silenzio lasciato da chi parte.

Ancora, 20 anni dopo, in un altro anno con un giorno di troppo, acuta è divenuta la vista, e l’orecchio ha udito di nuovo il silenzio dell’assenza. Un altro punto di equilibrio veniva a mancare, ancora senza preavvisare.

Quante metamorfosi ci richiede la vita? 

Non semplici adattamenti, bensì profonde mutazioni al nostro approccio alla vita.

Sono convinto che questa pandemia lo abbia generato in tanti.

Ci ha costretto a fermarci, a cambiare tutte le nostre abitudini, a comprendere cosa davvero vale ed è essenziale e quanto è accessorio.

Caro Papà, sento ancora la passione con cui spiegavi la distinzione aristotelica tra essenza ed accidente.

Il 2020 ha inciso questa distinzione sulla pelle di ciascuno di noi, ha tatuato chi ha voluto ascoltare.

Di tante abitudini accessorie e stancanti dopo un po’ non abbiamo più sentito il bisogno.

Tanti vuoti riempiti dal nulla abbiamo sentito il bisogno di colmare per davvero.

Metamorfosi interiori accompagnate da segni esteriori: la barba e i capelli tagliati, o fatti crescere come non mai.

Lentamente la paura ha lasciato lo spazio all’esigenza di cogliere in questa terribile esperienza l’opportunità di un miglioramento. A memoria dei tanti che con dolore abbiamo lasciato in questo periodo, e per tutti coloro che vivono e vivranno le difficoltà che ne conseguono.

L’acqua dei fiumi e dei mari divenuta cristallina, l’aria ripulita, il verde che si è riappropriato di spazi, mentre noi eravamo confinati in casa, sono tutte conferme che il mondo sta meglio senza di noi! 

Una metamorfosi è quindi essenziale per tornare ad essere ospiti graditi del Creato.

Essenziale e accidentale, caro Papà, si torna sempre a questa a te cara categoria filosofica, che è criterio di semplificazione.

E anche quell’anno sortì una metamorfosi, indusse all’autonomia, a farsi carico di nuove responsabilità prima di allora tue.

Un caro amico mi ha augurato di essere capace di far rotolare macigni.

Nel mio piccolo cerco di farlo.

So che ne saresti contento, ho capito, dopo, quanti macigni hai fatto rotolare tu.

Mi piacerebbe parlartene, mi capiresti. Capiterà di farlo, ne sono sicuro.

Un altro caro amico parlandomi di sé mi ha detto che a volte serve fare un passo indietro, spogliarsi del costume del super eroe e attendere che siano gli altri ad indossarlo. Imparare ad essere inermi e a farsi proteggere.

Penso che la mia difficoltà a seguire il consiglio sia stata anche tua. Ci sto lavorando.

Anche di questo mi piacerebbe parlarti. Capiterà.

Caro Papà, concludo questa lettera che non posso imbucare, sapendo che un filo tu lo troverai nei miei pensieri sconclusionati, come lo trovavi, con abile pazienza, quando correggevi i miei temi. 

E anche per questo, oggi, Ti dico: “Grazie!

* Calligrafia copy right donato dall’amicizia preziosa di Cristina Rozzi.