24 maggio

Posted on Maggio 23, 2015

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Attenzione, alle 22.30 comincia la fine del mondo

Così una voce da un megafono irrompe nella balera, preannunciata dal buio:

Ripetiamo, alle 22.30 comincia la fine del mondo

La prima reazione di chi ascolta è piccata:
Ma come, abbiamo pagato il biglietto, abbiamo diritto a una serata di divertimento. Abbiamo lavorato tutta la settimana, stasera ci spetta di divertirci. Dunque… balliamo”.
La musica e la luce riconquistano la balera. Il walzer e la mazurca rapiscono corpi e menti, concentrati sul ritmo dei piedi. Oggetti rari e comuni sono offerti a prezzo d’occasione. I movimenti dei corpi sono armoniosi.
Ma il buio ritorna totale:

Attenzione, alle 22.30 comincia la fine del mondo

La reazione si fa preoccupata. L’insistenza del buio e dell’annuncio lascia spazio al dubbio: che davvero non si abbia più tempo ?
I movimenti sulla pista divengono disarmonici, tentennanti; le distanze tra i corpi si contraggono, si cerca il contatto che rassicura, ci si tocca per non essere soli.
Insiste, dall’alto, la voce del megafono. Non lascia tregua:

Attenzione, alle 22.30 comincia la fine del mondo

Nella balera serpeggia lo sconforto. Gli oggetti rari e comuni perdono valore, venduti a “zero centesimi”. Sanza valore anche le orecchie, le bocche, gli occhi, tutto venduto a “zero centesimi”.
Nel silenzio si sente un battito, pare quello di un cuore, lentamente si fa ritmo, diviene base di musica che torna a riempire la balera.
Tutti smettono di attendere, tornano a ballare, uniti, vicini:
perché il walzer e la mazurca non si interrompono, finiscono solo quando sono finiti…

E lassù ?

Non parla più nessuno ?
Un megafono è calato dall’alto. Non annuncia più nulla.
Risalendo, riempie la sala di una risata beffarda.

I mesi, pochi in verità, che precedettero il 24 maggio furono esattamente così.
L’annuncio piombò inatteso nella balera delle nostre vite.
La notizia era inaccettabile.
Troppi i diritti acquisiti sul futuro, legittimati da tanto lavoro, da molti sacrifici proiettati in un progetto remoto.
Poi l’insistenza e l’ostinazione dell’annuncio portò lo sconforto. Il buio.
Nulla girava più nella pista.
Solo la difficoltà di scorgere la strada migliore. L’odiosa, lenta consapevolezza che un’altra strada proprio non c’era, che davvero la fine era vicina.
Arrivò il dolore fisico a confermare quest’ineludibile prossimità.

19 anni dal quel mattino del 24 maggio.

Giorno rimasto sospeso nel calendario, come in un’altra dimensione.
Sembra oggi.
Il tempo che trascorre è incapace di dare la prospettiva di una distanza.
Sembra oggi.
La morte ha tolto la fisicità della presenza, ma non ha prodotto l’assenza.
La vicinanza è più intensa.
Davvero quella mattina del 24 maggio, in cui l’assenza e il buio parvero travolgere ogni cosa, si è soltanto compiuta una trasformazione.
Tutto è diventato più intenso. La presenza è diventata costante.
Quell’istante del 24 maggio è divenuto un adesso perenne, non un addio per sempre.
Nulla si è chiuso, qualcosa si è aperto, aldilà delle distanze fisiche.

“Sono trascorsi 19 anni dal quel 24 maggio, ma sembra oggi !

PS
Un grazie a Elisa e Savino e al loro I passi ultimi, ballato un venerdì sera di maggio.

15052015-Elisa       15052015-Savino

Posted in: Alta montagna