Italiani: popolo di navigatori e di esploratori… si diceva una volta, esaltando le nostre indubbie capacità di includere. E per lo stesso motivo nelle missioni cosiddette di pace, il contributo degli italiani è fondamentale e prezioso, tanto da essere fortemente richiesto da tutti, anche da chi è ben più di noi equipaggiato in tecnologia di guerra (armi!).
E di questa capacità di inclusione sono quotidiani gli esempi che ognuno di noi vive, ma passano inosservati, non fanno notizia. Si sa: il cane che morde il bambino fa molto meno notizia del bambino che morde il cane!
Questo è il punto. La domanda è: quanto sono assuefatte le nostre coscienze alla regola dell’audience? Quanto è normale sostituire l’audience allo spirito critico che dovrebbe sovrintedere a ogni decisione?
Capita così che l’idea che sta nella notizia si appiccichi a noi tanto più forte quanta più rilevanza ha sui mezzi di informazione, e così ci sfuggono particolari importanti, non-notizie che sono la regola ma che appaiono eccezioni isolate, rispetto al modello proposto. Perdiamo la sensibilità necessaria per apprezzare pienamente quanto ci circonda; atrofiziamo così la capacità di stupore che è in noi, in qualche modo ci rassegnamo, in qualche modo ci facciamo convincere che “ormai le cose girano così“.
Ecco allora che le parole sono pietre e non possono essere usate senza considerarne la loro forza.
Dobbiamo educarci all’uso delle parole, dobbiamo contrastarne l’uso distorto tronando a scandalizzarci, senza mai rassegnarci!
E’ vien spontaneo pensare al rigurgito razzista a cui stiamo assistendo in Italia, dove una folta schiera di intellettuali, anche di ispirazione cattolica, ha applaudito con foga l’elezione di un nero a Presidente dell’America, ma non accetta la nomina di una nera a Ministro della Repubblica Italiana. Le cortesi sollecitazioni arrivate da un’amica mi hanno fatto scoprire un genere letterario per me nuovo: l’apologia delle distinzioni, che passa dalla giustificazione etimologica dell’uso della parola “negro” (sociologicamente bandita), alla spiegazione economica-finanziaria del perchè non si può proprio essere inclusivi.
Parole pesanti che cercano fondamenti solidi nella storia dell’antica Roma e finanche nelle sacre scritture, che mostrano paura per una situazione che necessita ivero di correttivi; parole che tentano di fermare il corso della Storia pur in un Paese che già vecchio che invecchia, tanto da essere costretto per sopravvivere ad aumentare l’età della pensione.
Parole sulle quali è importante discutere e confrontarsi con pacatezza, per non rischiare l’arroccamento su posizioni preconcette indisponibili al dialogo.
Parole tuttavia che esprimono concetti che si prestano a essere strumentalizzati in espressioni da codice penale, come è il caso vergognoso della foto, sul quale è meglio non soffermarsi.
E torniamo così al punto di partenza: le parole sono pietre, usiamole sempre di più, ma con cautela!

Posted on giugno 14, 2013
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