Mio, Tuo… Nostro

Posted on aprile 21, 2013

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Abramo e IsaccoDio chiede ad Abramo l’olocausto del “Tuo unico figlio che ami“, Isacco (Gen. 22, 1-19).
Abramo, senza esitazioni, risponde: “Eccomi“.
La stessa risposta, senza esitazioni, Abramo rivolge a Isacco che chiede spiegazioni: “Eccomi“.
Nel racconto biblico gli aggettivi possessivi appaiono inadeguati a esprimere un’autentica appartenenza; evidenziano al contrario l’autonomia, l’indipendenza, la non appartenenza.
Il “Tuo unico figlio che ami” si trasforma così un ossimoro, l’affermazione della sola autentica appartenenza a Dio Creatore, a Colui che non si stanca mai di donare.
Il sacrificio richiesto ad Abramo riguarda proprio l’errato senso di appartenenza che trasuda l’espressione “Tuo unico figlio che ami“. Non è Isacco destinato alla morte, è l’orgoglio superbo del genitore che considera i figli cose proprie.
Allora, il gesto di Abramo, di apparente inaudita crudeltà contro Isacco, si trasforma in gesto salvifico proprio di quest’ultimo, il quale solo con quell’atto può diventare adulto: protagonista della sua autonomia.
E così il “Mio“, soltanto riconoscendo il “Tuo“, diviene fondamenta del “Nostro“, attraverso un percorso arduo a cui tutti i genitori sono chiamati con non poca trepidazione.

Ma c’è anche un altro “Mio“, che alimenta l’essere figlio, e lo si scopre volgendo lo sguardo verso i genitori, nelle parole tu sei la “mia” mamma, il “mio” papà !
Quante volte i miei figli maggiori, Lorenzo e Pietro, pungolano il piccolo Giovanni chiedendogli: “Di chi è la mamma ?“, “Il papà è nostro?“.
Deve essere stato così anche per Isacco, come per i nostri figli: esiste il “mio unico padre”, la “mia unica madre”.

E per quest’aggettivo possessivo il percorso non può che essere altrettanto cruento.
Sull’altare, che ad Abramo, come a ciascun genitore, è chiesto di costruire, l’indispensabile sacrificio è reciproco per ambedue i “miei“.

Sono entrambi processi intensi ma inversi, che genitori e figli dovrebbero compiere insieme, per evitare asincronie che provocano interdipendenze dolorose in quanto unilaterali.

Alle soglie dell’adolescenza dei nostri figli, il percorso di Abramo e Isacco è modello paradigmatico: la prontezza senza esitazioni di Abramo e la docilità senza resistenze di Isacco si nutrono non solo della loro reciproca fiducia, ma anche e sopratutto della loro corale fiducia in Dio.

Crescere è essenzialmente un atto di fiducia nella capacità dei figli di spezzare un “mio” e un “tuo“, per entrare pienamente nella dimensione del “nostro“.

BimboConPalloncini