Nella categoria epistulae che oggi si inaugura, trovano collocazione quei pensieri che per buone maniere o per mera opportunità (o anche bieca convenienza!) non hanno luogo per esistere, restando inespresse parole di missive non inviate agli effettivi destinatari. Pensieri censurati sul nascere, cogitazioni abortite.
E’ la raccolta di lettere rimaste nel cassetto, rivolte a noti destinatari tenuti all’oscuro, probabilmente la raccolta di perdute occasioni di chiarimento, o forse più banalmente semplici sfoghi opportunamente relegati all’espresso di questo non luogo.
Caro Destinatario,
che mai, probabilmente, saprai che queste righe sono a Te rivolte, e quanto vigorosamente sono a Te rivolte.
Sono certo della sorpresa che susciterebbe, non già il contenuto di questo mio scritto, ma semplicemente la pretesa da parte mia di renderTi destinatario di un mia missiva.
Tu che contempli per Te stesso unicamente il ruolo di mittente autorevole e un po’ autoritario, non riesci neppure a immaginare di essere trasformato in semplice destinatario, di essere posto così in balia delle parole altrui, di sentirTi magari costretto a rispondere, a motivare a… nonsiamai!… giustificare il Tuo operato.
No, no. La Tua immaginazione non può essere così creativa, sarebbe come aver chiesto a Tolomeo, o allo stesso Sole, di immaginare la teoria di Copernico!
Dunque, caro mancato Destinatario, non mi sorprenderebbe il Tuo stupore per quello che riterresti – forse a ragione! – un inaudito gesto di ribellione. Per giunta da parte di chi pretende, con scellerata presunzione, di occuparsi di questioni che non possono certo essere trattate da un quisque de populo, privo della indispensabile preparazione e cultura.
Coltivo tuttavia la speranza che la spiacevolezza della sorpresa, comunque, non Ti impedisca di leggere con la necessaria attenzione quanto ho l’ardire di scriverTi, in forma di domande, per le quali non chiedo certo una Tua risposta, ma che sottopongo soltanto alla tua attenta riflessione.
L’entusiasmo di essere va sempre subordinato al dover essere? o meglio, all’essere secondo il modello preferito da qualcun altro, ché non esiste l’idea assoluta di “dover essere”!
L’entusiasmo è sempre e comunque segno di irrequietezza infantile, non può costituire, invece, uno strumento privilegiato di conoscenza ?
La quantità di cose da fare ha sempre e comunque il sopravvento sulla qualità delle cose che si fanno ?
Gli interessi ulteriori, fuori dal contesto, sono sempre e solo dannosi agli interessi principali? non possono, invece, costituire un efficace combustibile della conoscenza ?
La serietà e il rigore sono le uniche doti di cui fidarsi, anche a danno dell’immaginazione e della fantasia ?
Lascio questi interrogativi alla Tua riflessione, mentre mi sovvengono le parole di Francesco De Gregori:

Ma Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore,
non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore,
un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo, dalla fantasia.
Il ragazzo si farà, anche se ha le spalle strette,
quest’altro anno giocherà con la maglia numero sette.
(La leva Calcistica della classe ’68 – Francesco De Gregori 1982)
Con grande deferenza,
Michele Pozzi


Posted on aprile 15, 2013
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