TEMPO SCADUTO !

Posted on aprile 11, 2013

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Cronos

“Crono divora i suoi figli” Francisco Goya

Non sono un economista, e sinceramente di finanza capisco davvero molto poco, soffrii più di altri l’esame di economia politica all’Università, e nella miaesperienza di insegnante – breve per la fortuna dei miei malcapitati studenti! –  ho sempre prediletto il Diritto all’Economia, seppure parte del programma. Ma per capire che “IL TEMPO E’ SCADUTO” non è necessaria alcuna astrusa e complessa nozione di macro economia o di finanza mondiale, è sufficiente guardare dentro il portafoglio a metà mese, o il proprio conto corrente da assistere come fosse un malato terminale.Le tattiche messe in atto da i partiti politici e i non-partiti-movimento politici stanno conducendo al paese, neppure tanto lentamente, al “GAME OVER”, mandando in fumo tutti i sacrifici compiuti anche in questo ultimo anno di “RIGOR MONTIS”, come amano dire, con inquietante coincindenza, sia coloro che negano di averci portato sull’orlo di un baratro dicendoci che la crisi era solo un fatto mentale indotto dalla Sinistra, sia coloro che si pongono come i salvatori della Patria proponendo la rottamazione (senza incentivi) delle sue istituzioni fondamentali.

Non è vero, va detto con fermezza, che la resposabilità del protrarsi di questa situazione di stallo sia da attribuire a una Costituzione che sarebbe vecchia e inadeguata, è vero, invece, che la responsabilità del bi-polare (e penso al disturbo del comportamento e non allo schema politico) risultato delle elezioni è prima di tutto da ricondurre a una legge elettorale che gli stessi autori (Calderoli -LEGA  & Co.) hanno ripudiato chiamandola “Porcellum“, ma che nessun partito ha avuto evidentemente interesse a cambiarla. Nonostante le continute sollecitazioni del Presidente della Repubblica, nonostante il referendum elettorale di tanti anni fa, nonostante vi sia stato il tempo per fare una riforma che tutti, a parole, auspicano (che non significa “vogliono fare“). Troppo golosa deve essere sempbrata a tutti la tragica (e oggi vediamo quanto tragica!) opportunità che questa legge offre, quella di mettere in stallo il sistema, attribuendo a tutti una “non vittoria“, e a nessuna una “sconfitta“.

Senso di responsabilità, non voglio dire Senso dello Stato perchè, in questo contesto, è meglio – come si suol dire – “volare basso e abbottonati“, imporrebbe che il prossimo 18 aprile 2013, alla prima programmata votazione per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, la necessaria maggiornaza qualificata fosse già coagulata intorno a un nome di alto profilo, magari una donna ! Serve al riguardo capacità di immaginazione al servizio del bene comune, che non sono affatto sicuro che sappiano esprimere questi partiti e non-partiti-movimento.

Nel frattempo resta che “IL TEMPO E’ SCADUTO”, e sul punto è molto interessante l’analisi svolta, sul Corriere della Sera on line di quest’oggi, da Federico Fubini, vice capo redazione economica del Corriere della Sera

SEGNALI DI TENUTA DEI CONTI MA NON BASTA

L’illusione di avere tempo

Nel 1992, oberata dai debiti, l’Italia fu costretta a uscire dall’accordo di cambio europeo e svalutare la lira del 30%. Gli investitori esteri, che avevano comprato i Btp sulla base dell’impegno del Paese a restare nel sistema monetario, si ritrovarono con una perdita effettiva di un terzo del capitale. Fra loro c’è stato senz’altro chi si sarà sentito tradito, ma gli italiani non ebbero mai la percezione di non aver mantenuto i propri impegni. Al contrario, con i loro sforzi e grazie alla scelta politica del resto d’Europa, sei anni dopo erano già nell’euro: mai un Paese è passato così in fretta dalle stalle alle stelle dell’affidabilità finanziaria, da tassi argentini a tassi tedeschi.

Questa manna non può tornare, ma devono essere stati episodi così ad aver convinto qualcuno che lo stellone ci assisterà sempre. Anche questi giorni stanno consegnando agli italiani due racconti diversi sul loro Paese. Lo spread , la detestata spia del costo del debito, continua a sgonfiarsi fino a sotto i livelli di prima delle elezioni dall’esito più surreale nella storia repubblicana. La Borsa nel frattempo sta registrando segnali di ottimismo. Nell’ultimo anno, mentre il lavoro e le imprese vivevano la più grande devastazione registrata in tempo di pace, il principale listino di Milano è positivo: chi avesse investito un anno fa, oggi starebbe guadagnando un invidiabile 6,7%.

Anche i conti pubblici sembrano dare segni di tenuta, a leggere il Documento di economia e finanza presentato ieri dal governo. L’Italia spera di tenere il suo deficit sotto il 3% del Pil, la soglia oggetto di vent’anni di idolatria a Bruxelles che non ha impedito a certi Paesi a lungo in regola – Spagna, Irlanda – di sprofondare. Soprattutto, il saldo attivo dei conti prima di pagare gli interessi risulta fra i migliori d’Europa. In base a questo il Tesoro stima che il debito pubblico dovrebbe scendere dall’anno prossimo, benché simili annunci negli ultimi anni non abbiano mai portato bene.

Poi però si può svolgere anche il secondo racconto sull’Italia. I mercati sembrano sospinti dalla liquidità sprigionata dalle grandi banche centrali, da Tokyo a Washington, più che da un calcolo razionale. Il deficit dovrà fare i conti con la recessione e con tante voci poco discusse, dal finanziamento della cassa integrazione in deroga, alle missioni all’estero, a 150 mila statali precari e in scadenza. E il debito sta superando il 130% del Pil: ieri la Commissione europea ha confermato che l’Italia e le sue banche restano fragili, al punto da rappresentare un rischio di contagio per il resto d’Europa. E non è solo questione di tassi, di spread o della Germania che amiamo tanto descrivere come avara perché non si accolla i nostri debiti. Persino l’export, il meglio dell’economia, mostra segni di fatica. Sono questi gli indici di competitività declinante che le agenzie di rating stanno guardando da vicino. Moody’s e Standard & Poor’s saranno discutibili, ma ora aspettano di vedere se il prossimo governo capisce e affronta l’incapacità del Paese di crescere: se scettiche, potrebbero declassarci (molto presto) a un soffio dal livello «spazzatura».

L’idea che ci sia ancora tempo e qualcosa o qualcuno che alla fine ci salverà forse aveva un senso nel ’92, quando Maastricht era il futuro. Vent’anni dopo la sola Maastricht che può salvarci è qui, in Italia, nella sua capacità di cambiare le proprie istituzioni economiche per prosperare. Bersani e Berlusconi ne staranno urgentemente parlando. O no?

FEDERICO FUBINI

Tempo scaduto

Posted in: Polis, Risonanze