
L’elezione di Francesco al soglio ponitificio è un evento storico, per le tante ragioni che in questi giorni sono state analizzate, scandagliate e radiografate dalla stampa e dai tanti commentatori, tutti di molto più autorevoli del sottoscritto.
Le riflessioni che affido a questo post hanno dunque il solo ardire di essere quel che sono, i pensieri di una persona che quotidianamente tenta, con più o meno forza e successo, di essere fedele alla sequela di Cristo.
L’11 febbraio 2013, la rinunzia all’Ufficio Petrino da parte di Benedetto XVI è stata da me vissuta in modo molto sofferto, il timore per la possibile – e puntualmente accaduta – strumentalizzazione di una scelta così grave e impegnativa, ha offuscato la mia vista, rendendomi incapace di cogliere subito il dirrompente valore profetico di tale gesto. Il pensiero cristallino di Benedetto XVI ha diradato ogni dubbio, portandomi a comprendere il senso profondo della scelta del Papa:
porre al centro la Chiesa, corpo mistico di Gesù Cristo!
Tornare all’origine del messaggio evangelico: il Cristo è risorto ! Scrostare la nave di Pietro da quelle incrostazioni che possono impedire la navigazione in mare aperto che sa domare e veleggiare nei venti forti, senza timore e senza essere costretta a una emarginata navigazione sotto costa.
In quei giorni di disorientamento, un fraterno amico sacerdote mi ha stupito e fatto riflettere. Mi ha detto, infatti, di non essere affatto sorpreso, anzi finanche di aspettarsi un gesto di tale vigore da parte di un fine intellettuale e teologo come è Joseph Ratzinger, Papa Benedetto XVI. Le parole pronunciate dal Pontefice, nelle ultime occasioni pubbliche, hanno reso ancora più evidente l’estrema coerenza della scelta radicale di essere fino in fondo fedele alla Chiesa, di cui Ratzinger, nelle sue prime parole da Pontefice, si è detto umile servitore. Scelta compiuta nella più assoluta serenità, nutrita dalla certezza della vitalità, in Cristo, della Chiesa.
Lo svolgimento pacato e tranquillo della inusuale sede vacante, i tempi lenti scanditi dal Collegio Cardinalizio nella settimana di Congregazioni che ha fugato ogni ansia di affrettarsi indotta da una mondanità incapace di comprendere e riconoscere la silenziosa e potente azione dello Spirito Santo, hanno reso ancora più storico – se possibile – questo passaggio della Chiesa. È palese la inevitabile distanza esistente tra la dimensione religiosa protesa ad ascoltare e ad accogliere, e quella mondana affaccendata dallo spiegare, dallo svelare e dall’influenzare. Da un lato la libera scelta della disponibilità docile della creatura a lasciarsi modellare, dall’altro lato l’egocentrica arroganza di considerarsi artefice.
A dilatare queste differenze il gesto del Papa. La rinunzia di Benedetto XVI è contro la logica del sospetto, delle voci più o meno bisbigliate, degli intrighi di palazzo, dei ricatti addirittura a sfondo sessuale di cui i giornali si sono riempiti dopo l’annuncio del Papa. Argomenti che mostrano una buia miopia nel comprendere i modi e i tempi dello Spirito Santo, l’affetto e la cura che il Signore riserva alla Sua Chiesa. Tanto più che ove anche si volesse dare una lettura esclusivamente mondana della rinunzia papale, la scelta di Benedetto XVI resterebbe comunque un gesto di grande forza e vigore, che fa piazza pulita – finalmente! – dell’idea di una Chiesa paralizzata e incapace di riformarsi autenticamente.
Ne è la riprova che il Conclave che ne è seguito ha tratto grande forza da tale rinunzia, e non ne è stato affatto indebolito, sbaragliando ogni previsione giornalistica e politica fondata su presunte logiche e dinamiche curiali fatte di equilibri di forze e di fazioni, mostrando ancora una volta una radicale incapacità di comprendere autenticamente la dimensione vera dell’elezione di un Papa.
La scelta di un Cardinale del sud-america che parla chiaro e agisce di conseguenza ha stupito, non soltanto nella scelta della persona, ma soprattutto per la ri-scoperta della capacità di rinnovamento della Chiesa. Gli attacchi violenti al Cardinale Bergoglio per preteso collaborazionismo con il regime argentino di Videla, sono l’estrema reazione scomposta di fronte al vigore della Chiesa di smarcarsi dal ruolo defilato nella quale la si voleva relegare. E nonostante il paragone sia del tutto inopportuno – tanto per la Chiesa, quanto per lo Stato – viene spontaneo il paragone tra questo Conclave e le dinamiche dell’inizio di legislatura, con la palese incapacità dell’intero sistema partitico e movimentistico di uscire da paralizzanti strategie che non hanno certo come principale obiettivo il bene del Paese.
Il vigore mostrato dal Conclave, l’annuncio di un Papa gesuita che decide di darsi, per primo, il nome Francesco, e soprattutto la tanta gente che fin dalle 17.00 dello scorso 13 marzo si è riversata in Piazza San Pietro, sono segni profetici di una Chiesa davvero viva e vigorosa. Così come è stato di una forza dirompente il silenzio prolungato che è sceso sulla piazza per la preghiera del Popolo per il suo nuovo Pastore, chinato ad accogliere l’orazione.
Per tutti questi motivi è stata profonda in me la commozione gioiosa del dono di Francesco, e ancor più della responsabilità di essere membro di quell’unico corpo.
Posted on marzo 16, 2013
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